‘Oddio, ma come si è conciato?’
‘Ma guarda i capelli!’
‘Lascia perdere i capelli, guarda come è ve-sti-to.’
‘Non ci credo. Andiamo a pigliarlo per il culo.’
Giacomo tirò su gli occhi dal libro per guardare le due giovani che gli si paravano davanti con sorriso ebete. Un osservatore alieno, non abituato alle differenze stilistiche umane, sarebbe probabilmente giunto alla conclusione che i tre non appartenessero alla stessa specie.
‘Ciao’ pigolarono.
‘Ciao’ grugnì.
‘Ti abbiamo visto da lontano e volevamo farti i complimenti per lo stile’
Riasatine trattenute, coperte parzialmente dal rumore del vento.
Lui le dissezionò con lo sguardo, ‘Grazie’, e riprese a leggere.
Dopo qualche gomitata d’incoraggiamento, la più bionda delle due riprese a pigolare
‘Scusa ma… Cosa sei tu?’
‘In che senso?’
‘Che roba sei. Come si chiama. Comprendi?’
‘Giacomo, umano?’
Le due si guardarono scocciate: questo non collaborava. Andava svegliato.
‘Cioè, come si chiama questo’ fece Giada indicando in maniera espressiva forse l’abbigliamento, forse la sua aura immateriale.
‘Vestiti?’ propose lui, in punta di sarcasmo.
L’amica scocciata sfondò nel discorso
‘No bello, quello che vogliamo dire è: come cazzo ti sei vestito? Ma ti vedi? Sei ridicolo.’
Giacomo si tirò su lentamente ed avanzò ad un passo dalle ragazze..
Nonostante fossero più o meno della stessa altezza, i tacchi di lei lo costringevano a guardarla leggermente dal basso, cosa che conferiva al suo sguardo una connotazione lievemente inquietante.
‘Beh?’ aggiunse l’oca più bionda, visibilmente innervosita dalla reazione sbagliata.
Senza scomporsi Giacomo affondò con tutto il peso del suo corpo il piede sul lato della caviglia della ragazza alla sua sinistra, spezzandogliela. Con una spinta fece cadere l’altra di spalle ed in un attimo le saltò addosso.
Cinzia non era riuscita a capire cosa fosse successo, quando una combinazione di uno-due-uno la colpì al naso.
Giada urlava e piangeva mentre Giacomo, comodamente seduto sul torace sul torace di Cinzia, assaporava l’adrenalina. Prima che la bionda si riprendesse dai colpi lui le infilò un pugno intero dentro la bocca graziosa munita di dentini perfetti e con l’altra mano le tappò il naso. Rimase impassibile ad osservare la disperazione nei suoi occhi quando,riprendendosi, si accorse che l’ossigeno le veniva meno. C’era inoltre una sensazione di piacere immenso nell’essere il corpo estraneo nella sua bocca, contro il quale la lingua e la mandibola cercavano di opporsi.
‘Ti ammazzo. Ti ammazzo brutto stronzo. Figlio di puttana ti ammazzo.’
C’erano solo loro nel parco, e presto ci sarebbe stato solo lui.
‘Non credo. Tra poco tocca a te.’
Senza scomporsi, Giacomo continuò il suo lavoro sinché non ci fu più opposizione. Quando si alzò, l’altra aveva già fatto qualche metro strisciando tra i sassi e la merda di cane, lacerandosi le calze e perdendo una scarpa di vernice.
Giacomo l’afferrò per i capelli, sedendosi sulla sua schiena. Lei cacciò un urlo disperato mentre la testa le veniva tirata indietro a due mani. Chissà perché gli venne in mente una delle sue canzoni preferite, “Motocicletta”.
‘No Lasciami, ti prego. Non lo diremo a nessuno. Lasciami.’
Il tono era cambiato: da aggressivo terrorizzato era diventato un piagnucolante disperato, ai limiti dell’iindecoroso.
Con calma Giacomo prese da terra il suo libro e lo mise davanti al muso disperato della sbarbina su cui era seduto. C’era una piacevolissima sensazione di rivalsa in quella situazione. La sua gente era sempre stata incompresa e maltrattata dagli altri; ora poteva avere una piccola, dolce rivincita.
‘Cos’è questo?’
Giada aveva provato a dimenarsi con le braccia, ma dopo che Giacomo le aveva schiacciato le dita di una mano col tallone si era fatta immediatamente più mansueta.
‘Un libro?’
Lui strinse la presa, lei urlò.
‘Cosa c’è scritto?’
‘Che cazzo… Ohddionotipregoh’
‘Cosa c’è scritto?’ Giacomo le battè la testa sul pavé. Più volte. Nel contempo gli venne duro.
‘Non lo so! Basta, ti prego. Non…’
Giada piangeva. Leggere? Fuori da scuola? Il pensiero le passò fugacemente per la testa: il tipo doveva essere del tutto pazzo. Avrebbero dovuto capirlo quando l’avevano visto solo sulla panchina nel parco.
‘Te lo dico io: c’è scritto Barzellette su Totti. Capito? È un libro che quelli come te non potranno mai capire. Voi non potete capire niente.’
‘Sì, sì. Hai ragione. Ora lasciami ti prego.’
Disperazione, dolore e senso di impotenza le avevano azzerato qualunque possibilità di pensiero complesso e, da qualche parte nel suo subconscio, stavano facendo affiorare concetti più antichi ed animali, come la paura, il desiderio di sopravvivere e l’eccitazione da sottomissione.
‘Come? Non volevi sapere qualcosa?’
‘No! Niente! Ti prego lasciami. Lasciami… farò tutto quello che vuoi ma fammi andare.’
Liquido caldo le bagnava i pantaloni mentre il sangue le colava dalla fronte. Cinzia, poco più in la, non si muoveva. Era morta?
‘Mi pare volessi sapere cosa fossi. Sbaglio?’
‘No… cioè… Sì. Sì. Lasciami.’
Il ragazzo poggiò il libro e si tirò su gli occhiali con la punta dell’indice, poi si passò la mano tra i capelli castani dal taglio anonimo ed assaporando un fremito di potere si sbottonò i pantaloni grigio topo e tirò fuori il pene turgido dagli slip bianchi, lievemente macchiati ed appiccicosi.
‘Cosa ti colpisce di più? Dài, dimmi: sono i miei abiti? Ti disturbano i colori non appariscenti? O sono i capelli non tinti? O i piercing ed i tatuaggi che non ho?’ con la mano libera iniziò a toccarsi.
‘Ti prego basta.’ Calde lacrime le rigavano, facendole colare il pesante trucco. Una lente a contatto (verde, pupilla felina) le era rimasta incastrata tra le ciglia. Giacomo strinse la presa sulle extension fuxia e le tirò un pugno sulla nuca, strappandole un pugno di capelli e facendole battere la fronte sul pavé. Il rumore secco gli causò un brivido lungo la schiena.
‘Zitta.Parlo io.’
Lei iniziò a singhiozzare sommessamente.
‘La vostra società mi fa schifo. Tu, la tua amica, quelli come te. Siete tutti uguali, tutti uniformati nel vostro mondo. Io ho un animo sensibile, soffro e voi non capite. Voi non capite e non capirete mai: siete schiavi della vostra società. Ascoltate musica senz’anima e morirete senza mai aver vissuto.’
Un gabbiano di passaggio osservava la scena con interesse. Forse ci sarebbero stati dei cervelli. Dopo un volteggio si appollaiò sulla spalletta del fiume ed iniziò a lisciarsi il becco su un sasso.
Con la mano libera le tirò su la minigonna di pizzo, facendole sentire la sua presenza sul sedere.
‘No!’
Giacomò poteva fiutare terrore, eccitazione e dolore nella sua vittima.
Giada boccheggiò impotente, e prima che potesse urlare di dolore una voce coprì la sua.
‘Fermo! Lascia la ragazza, mani sopra la testa’ e senza che potesse esserci una qualsiasi reazione, Giacomo fu investito da un miliardo di aghi. Ovunque.
Il poliziotto si avvicinò alla ragazza a terra buttando di lato il ragazzo che si contorceva per la scarica taser, il pene sporco all’aria.
‘Tranquilla, andrà tutto bene. Andrà tutto bene.’
‘Cinzia. Guarda come sta Cinzia, ti prego.’ singhiozzò lei, rannicchiandosi.
Il suo salvatore si tirò di nuovo in piedi ed avanzò verso la ragazza a terra. Si tolse i guanti e le tastò il battito. Ce l’avrebbe fatta.
‘Tranquilla piccola, sta bene.’
Giada crollò. Un fragoroso pianto liberatorio fece colare anche gli ultimi resti di ombretto, impregnandole il top e disegnandole nuovi tatuaggi sul seno. Il Sergente C. si avvicinò e le porse il suo trench leopardato, avvolgendola.
‘Qui C., ho bisogno di un’ambulanza alle Piagge, ed un’auto. C’è un Norm che ha aggredito due ragazze. Il soggetto è stato immobilizzato ed è pronto per essere prelevato.’
Giacomo aveva smesso di contorcersi e respirava affannosamente. Il Sergente C. gli si piazzò sopra, guardandolo negli occhi spenti e schiacciandolo con i suoi tacchi a spillo.
‘Vediamo se il tuo Lucio Battisti viene a salvarti ora, merda.’
Quando fu chiaro che non ci sarebbero stati cervelli il gabbiano riprese il suo volo lungo il fiume. Arrivato verso Ponte di Mezzo decise di andare a cagare sulle teste dai colori fluo della folla a passeggio per il centro.
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